Bermuda |
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giovedì 05 aprile 2007 | |
"Ci hanno visto ?". La Guadalupa è un piccolo stato prospero situato nel Mar Caraibico. Politicamente è legato alla Francia, considerato un Dipartimento d'Oltremare, riconosce il presidente francese ed è amministrato da un commissario di stato. L'MGL, ossia il Movimento per la Guadalupa Libera, vorrebbe l'indipendenza dalla Francia ed il diritto di autodeterminazione, sebbene sia riconosciuta come forza politica non accantona i suoi progetti eversivi finanziandosi nei modi più disparati, uno dei quali è il contrabbando di Rum verso le coste della Florida. Chuck non dormiva mai durante quei viaggi, sapeva perfettamente che l'equipaggio non era dei migliori, spesso si addormentavano ai posti di manovra, o magari erano ubriachi. Superare le barriere di sorveglianza dei vari stati caraibici era uno scherzetto in confronto alla guardia costiera statunitense, le bianche e rosse barche della Coast Guard erano l'incubo dei loro viaggi periodici. Non erano mai stati colti in flagrante ma molte volte avevano visto in lontananza le barche dei guardiani. Tra l'altro Chuck adorava appoggiarsi alle balaustre e fumarsi una sigaretta dietro l'altra fin quando il Sole non si decideva a sorgere, allora raggiungeva la sua cuccetta e si sdraiava addormentandosi immediatamente. Era circa l'una quando sentì il gracchiare della vecchia radio Berlitz1, entrò nella saletta delle comunicazioni e si infilò la cuffia. Sorseggiò del caffè dalla tazza che aveva lasciato sull'apparecchio ed iniziò la regolazione dello Squelch. Udì delle voci concitate, delle voci familiari, ascoltò ancora, ci mancò poco che ingoiasse la sigaretta. Aveva riconosciuto la voce. "Del, sei tu ?". Chuck lo guardò con rabbia, afferrò il comunicatore interno e dettò le coordinate appena trascritte, Al non lo fermò. Il cabinato virò decisamente e si gettò nella mischia. All'alba si trovavano nel luogo indicato. Il mare era liscio, il cielo limpido e non c'era stato più alcun contatto radio. D'improvviso risuonò nell'aria il segnale di collisione imminente. Al e Chuck si guardarono intorno ma non videro nulla, salirono in cabina di comando a chiedere spiegazioni. "Era lì capo" - farfugliava il timoniere - "Proprio lì" Davanti a loro si stagliò la sagoma scura e non identificabile di una nave. Erano sotto bordo e si sarebbero schiantati contro la chiglia. Il timoniere dette un colpo secco alla ruota del timone, la barca rispose immediatamente alla frustata, piegò quasi ad angolo retto e cozzò di striscio contro la murata, venne sbalzata via, la prua si sollevò e ricadde alzando un nugolo di schiuma che piombò sulla coperta. Quando la situazione fu sotto controllo si guardarono negli occhi. Erano soli nell'immenso oceano. A testimonianza del fantomatico contatto solamente le balaustre di tribordo piegate ed in parte divelte. "Inverti la rotta e allontaniamoci" - era Al a parlare al timoniere. Chuck non si oppose, il suo sguardo era perso nell'oceano e la sua mente stava cercando di stabilire se quello che vedeva era reale oppure no. Un paio di miglia davanti a loro, tra il pelo dell'acqua e l'oceano era come se una tenda si aprisse e chiudesse, una specie di miraggio, appena si apriva uno spiraglio fulmini e saette ne schizzavano fuori e la bussola impazziva, il cielo all'orizzonte sembrava un sipario mal chiuso che ondeggiava nel vento. "Non c'è controllo" - gridò il timoniere. La piccola imbarcazione lasciata a se stessa si dirigeva come irresistibilmente attratta verso quell'anomalia, nessuno a bordo ebbe il coraggio di fiatare. Lo yacht oltrepassò quel limite che prima appariva come la porta dell'inferno ma nulla accadde, il timoniere teneva le mani sugli strumenti, Chuck guardava avanti in attesa di un segnale, ed intanto il battello continuava ad avanzare. D'improvviso si scatenò l'inferno, il cielo si oscurò, il mare esplose in cavalloni giganteschi, fulmini e saette solcavano il cielo nero, un cambiamento così repentino non potevano essere frutto della natura. Tra lo stupore generale scattò nuovamente il segnale di collisione imminente. Chuck si trovò sbattuto sulla parete di dritta unitamente ad Al, il timoniere tutto intento a virare per evitare una grossa nave di prora, la collisione fu evitata giusto per qualche metro, ma la grossa onda prodotta dalla nave si riverso sulla piccola imbarcazione ed agitò il mare intorno facendola quasi capovolgere, tuttavia Chuck riuscì a leggere il nome sulla fiancata: SS Cotopaxi2. Continuarono a ballare in quella tempesta per almeno quattro ore, poi improvvisamente come era iniziata finì, tutto tornò calmo e silente, il mare piatto il cielo pulito, l'ago della bussola segnava sempre Nord, qualsiasi fosse la posizione del timone, udirono un rumore sordo e lontano, poi sempre più vicino finché‚ l'inconfondibile sagoma di un C-119 non li sorvolò. In cielo non c'era il Sole ma una luce diffusa senza un punto d'origine preciso, l'acqua era immota, totale assenza di correnti e di vento, decisero di fissare il timone e di procedere sempre nella stessa direzione ignorando la bussola d'altronde qualsiasi direzione avessero scelto da qualche parte sarebbero approdati, a Sud c'era Santo Domingo, ad Ovest la Florida, a Nord gli Stati Uniti o le Bahamas, ad Est l'Oceano Atlantico battuto da molte navi. Molti uomini dell'equipaggio scesero sottocoperta per riposare, Al Chuck ed il timoniere rimasero in cabina. D'un tratto il motore si spense, anche quell'ultimo rumore si affievolì prima che il timoniere dicesse: "Carburante finito", eppure ne avevano imbarcato a sufficienza per arrivare negli Stati Uniti, non poteva essere già finito. Chuck diede un'occhiata al cipollone di suo nonno: "Se quest'affare non mente siamo andati dritti per trentasei ore". Al lo fissò: "Ma se ancora deve tramontare il Sole". Chuck si tirò su dal pavimento della cabina, uscì sul ponte e raggiunse la prua, lì davanti mollemente adagiato sulle acque si trovava un idrovolante Martin Mariner con le insegne della US Navy, un uomo si sbracciava dalla cabina di pilotaggio, altri due dalle ali. In tutto dieci uomini, vennero presi a bordo e ristorati. Si guardavano intorno un pò spauriti. Non fu semplice far capire a quei dieci uomini che erano passati trent’anni dalla loro scomparsa ma fu meno difficile del previsto, anche loro avevano notato le strane anomalie, il Sole assente, l'indefinita durata del giorno. Chuck rimuginava pensieroso sul ponte, avevano due galloni di carburante di riserva, quindi un autonomia di una ventina di miglia, doveva usarle bene. Del era sparito nel Triangolo dieci anni prima e dopo due anni alcuni rottami della sua nave furono ritrovati su un'isola, questo voleva dire che in qualche modo quei rottami erano usciti dal quel limbo in un modo o nell'altro. Improvvisamente il cielo si fece rosso, una palla di fuoco precipitò in acqua ad un paio di miglia da loro, il mare sembrò ribollire, si increspò, grosse onde cominciarono a formarsi, il primo a farne le spese fu Il Martin Mariner, non adatto a reggere il mare, ai primi cavalloni si piegò da un lato ed andò giù sotto gli occhi lucidi del suo equipaggio. "Aziona la riserva e via di qua" - urlò Chuck. Quando la motovedetta della Coast Guard notò la piccola imbarcazione apparentemente alla deriva cercò di mettersi in comunicazione via radio ma falliti tutti i tentativi la avvicinò. A bordo trovarono dieci persone. Cinque membri dell'equipaggio e cinque uomini dell'aviazione. Tutti raccontarono di essersi trovati in mezzo ad una formidabile tempesta. Nessuno a bordo ricordava come ne fossero usciti. Il servizio meteorologico non aveva registrato alcuna tempesta degna di nota negli ultimi sei mesi. 1 Charles Berlitz. Autore di uno dei più importanti e completi studi sulle sparizioni verificatesi nel Triangolo delle Bermuda, pubblicato nel 1974 con il titolo originale di “The Bermuda Triangle” Roma 4 Gennaio 1996 |
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Ultimo aggiornamento ( giovedì 05 aprile 2007 ) |
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