Nel Febbraio del 1985 nella mia vita è accaduta una cosa molto strana: sono stato male, per la prima e finora unica volta; per 12 giorni ho avuto una febbre persistente le cui cause sono rimaste ignote che non è mai scesa sotto i 39 gradi ed è arrivata a toccare l’incredibile punta di 41,3 gradi, poi improvvisamente ed inesplicabilmente come era venuta se ne è andata. Tornato a Scuola dopo due settimane di assenza scoprii che le brave suorine in quel periodo avevano organizzato la gita scolastica raccogliendo le prenotazioni e gli acconti e chiudendo i giochi, quindi quell’anno venni impossibilitato a prendere parte al viaggio della scuola. La meta era Vienna. Ovviamente questo mi dispiacque molto, tanto che Vienna entrò subito nei miei programmi di viaggio futuri, però per tutta una serie di ragioni non ero mai riuscito ad andarci. Finalmente la caccia è finita e con essa anche un mito, il mito coltivato per oltre 20 anni della Dolce Vienna. Ma questo non potevo ancora saperli mentre aspettano il treno FM1 che mi avrebbe portato a Fiumicino. Andiamo con ordine. Il volo che mi porterà a Vienna è della Niki, la compagnia aerea di Niki Lauda, l’unica con la quale si riesce a volare verso l’Austria senza fare un mutuo. Appena salgo a bordo rimango piacevolmente sorpreso, l’aereo è perfetto, i posti sono larghi e ben spaziati e non si sta seduti con le ginocchia in bocca come succede su altre compagnie della stessa fascia, tuttavia ho avuto l’impressione che i piloti della Niki tendano ad essere acrobatici. Il decollo avviene praticamente in verticale, l’aereo si stacca dalla pista con un angolo molto accentuato rispetto al normale, e le mie orecchie lo sentono, punta dritto vero il Mare, verso Sud, poi fa una virata strettissima con velocità prossima ai 500 orari dopo solo 50 secondi dal decollo e ripassando su Fiumicino punta verso Nord Est. Dopo circa un’ora di volo improvvisamente viene annunciato l’atterraggio, l’aereo passa da quota 9.500 metri a quota 1.500 metri in una manciata di minuti facendo una serie di virate e controvirate in discesa, fa un’ultima virata a circa 400 orari, si riallinea e tocca terra quasi nel momento in cui riporta le ali parallele al terreno. A terra sono leggermente stordito, i labirinti delle mie orecchie fischiano, dirigo i miei passi verso la Stazione Feroviaria dell’Aeroporto per prendere il CAT che mi porterà al Terminal cittadino di Wien Mitte e qui mi imbatto in un primo problema. Non esistono biglietterie umane ma solamente automatiche le quali sono programmate per accettare solamente banconote con taglio immediatamente prossimo al totale da pagare, quindi visto che un biglietto andata e ritorno costa 16 euro non posso inserire banconote per un totale superiore a 20 euro, quindi o una da 20 euro o 2 da 10 o 4 da 5 o una combinazione di questi tagli, ma visto che io ho solamente pezzi da 50 non sono in grado di fare il biglietto. Con pazienza torno in Aeroporto e visto che ormai sono le 15 passate e sono digiuno prendo un panino ed una bibita e così cambio la banconota e posso fare il biglietto. Al Terminal di Wien Mitte sono costretto a dare fondo alle monetine per fare il biglietto della U-Bahn, la Metropolitana cittadina e finalmente riesco a raggiungere la Geblergasse dove ho l’albergo. Tra una cosa e l’altra si sono fatte le 17, riposino e poi via verso il centro. La zona dove mi trovo è il quartiere di Josefstadt e si trova subito a ridosso del Ring. Ok, ci vogliono due spiegazioni: dopo il 1850 a Vienna si decide di demolire le mura cittadine ed al loro posto viene costruito un lungo viale semicircolare, appunto il Ring, che racchiude il centro di Vienna, su questo Viale verranno costruiti tutta una serie di edifici per renderlo una sorta di salotto buono, la realtà poi sarà un po’ diversa ma quello era il periodo in cui Vienna cercava di copiare Parigi e le grandi opere urbane di Haussmann per contrapporsi appunto alla Capitale Francese. Il risultato è un guazzabuglio architettonico che ricorda vagamente Parigi ma in salsa Asburgica. I palazzi appaiono simili a quelli parigini ma mancano dello slancio e della leggiardia di quelli parigini, tendono ad essere squadrati, pesanti, in alcuni casi opprimenti. La Zona immediatamente a Nord del Parlamento e dell’Hofburg, la Residenza Imperiale, appunto il Quartiere di Josefstadt, diventa la dimora della Borghesia Viennese, di quella classe di professionisti che galleggiavano immediatametne sotto l’Aristocrazia. Oggi le cose sono cambiate e Josefstadt è abitato dal classico ceto medio e da qualche immigrato ben integrato. Comunque dal mio albergo al Rathaus (il Municipio) corre poco più di un chilometro lungo la Alser Strasse e quindi verso le 18, riavutomi dal volo, decido di dirigermi a piedi verso quella zona. Lungo la Alser Strasse, strada larga, percorsa da numerosi tram, incontro gli edifici universitari, tutta una serie di localini da studenti ed arrivato proprio sul Ring, per la precisione allo Schottentor Ring (il Ring è stato diviso in Spicchi, ognuno con un suo nome), mi trovo dinanzi la mole imponente della Votivkirche, una chiesa gotica purtroppo in restauro e quindi inaccessibile che domina la Piazza antistante dove decine di tram si incrociano sotto le pensiline dei capolinea e lungo il Ring. Proseguo ed in 5 minuti sono nella Piazza del Municipio, il Rathaus, una specie di Castello Turrito molto gotico e molto pesante, annerito dall smog. Nel parco antistante si sta svolgendo una fiera gastronomica e gli odori impregnano l’aria. Vago tra i banchetti di cucina vietnamita e thailandese, sbircio i vari chioschi alla fine mi prendo un Franfurter mit Senf, che altro non è che un panino con salsiccia e senape e me lo mangio con calma su una panchina del parco, quando ormai si sono fatte le 21 faccio il percorso inverso lungo la Alser Strasse e me ne torno in albergo. Giovedì mattina mi alzo con comodo ed alle 9 mi presento alla Fermata della U-Bahn 6 di Alser Strasse, la Linea 6 corre quasi tutta in superficie, a 10 metri da terra ed ha dei convogli molto strani poiché sono generlamente composti da due carrozze molto vecchie, due molto nuove in centro ed altre due molte vecchie, la differenza tra le carrozze è enorme dato che quelle vecchie altro non sono che vecchi tram, molto stretti e con scomodi sedili in legno. Comunque sembra funzionare. Scendo alla fermata di Langenfeldgasse e senza neppure cambiare marciapiede salgo sulla U-Bahn 3 che va verso lo Schonbrunn, la Residenza Imperiale Estiva, anche questa Linea viaggia quasi completamente in superficie ma è dotata di convogli nuovi quasi extralusso. Arrivato alla fortezza noto con dispiacere che c’è già una discreta fila per entrare, decido di fare prima colazione al bar che c’è all’ingresso e poi mi dispongo con paziena in fondo alla coda. All fine occorre quasi un’ora per guadagnare l’ingresso e pensavo fosse finita … non era così. Sul biglietto che mi viene dato è indicato un orario di accesso e quell’orario mi dice che dovrò fare almeno un’altra mezzora di fila. Finalmente quasi a mezzogiorno riesco a guadagnare le Sale Imperiali e munito della macchinetta turistica che mi parla in italiano nell’orecchio comincio il giro. Lo Schonbrunn è un palazzo enorme con oltre 1400 sale, solamente una cinquantina però sono visitabili, quelle dell’Imperatore Francesco Giuseppe e di sua Moglie Sisi, si con una S sola e gli austriaci ci tengono a sottolineare frequentemente che non è Sissi ma Sisi. L’idea che mi faccio è estremamente triste, le grandi sale una dopo l’altra, le pareti ricoperte di drappi rossi molto cupi, l’Imperatore che si alza alle 3 del mattino per lavorare e che ordina che in inverno, nonostante le grandi stufe in ceramica, la temperatura non superi mai i 14 gradi, i corridoi segreti nascosti dietro le pareti delle stanze per permettere ai valletti di recarsi a compiere il loro lavoro senza dover attraversare le stanze occupate da altri, la retina per i baffi che Cecco Peppe indossava la notte. Che vita grama per un Imperatore … Dopo circa un’ora esco alla accecante luce del Sole e faccio un giro nei giardini attigui e passeggiando passeggiando arrivo ad una piccola altura sulla quale Cecco Peppe aveva fatto costruire delle finte Rovine Romane, a ricordo delle Origini di Vienna, la quale è un’altra della Figlie di Roma essendo nata come Vindobona, Accampamento Militare di protezione alla vicina città Romana di Carnuntum, a Vindobona, oggi Vienna, morì niente popodimeno che l’Imperatore Marco Aurelio. Ancora oggi una delle più vendute acque Minerali austriache è la Romerquelle, che letteralmente vuol dire qualcosa come “La più versata dai Romani !”, almeno quest è uella che mi ha spiegato, in inglese, un tedesco del luogo, e che sul tappo e sull’etichetta riporta il segno di un Legionario Romano che beve. I segni del passaggio di Roma sono rimasti incisi ovunque e si riverbano nella modernità. Dopo il palazzo mi aspetta una lunga camminata sotto il Sole per raggiungere la Gloriette, una struttura panoramica situata in cima ad una collina dentro il Parco, quando ritorno verso l’Uscita sono quasi le 16, mi siedo al tavolino del bar di prima e mi mangio un panino con lo speck, un coca cola ed ovviamente della Romerquelle, poi mollemente me ne ritorno in albergo per riposarmi un po’. Dopo un paio di ore esco nuovamente e ripercorro la stessa strada della sera precedente, lungo la Alser Strasse fino al Rathaus passando davanti alla Votivkirche, ma questa volta vado un po’ oltre ed arrivo fino al Parlamento, costruito come fosse un enorme tempio, ed ai giardini dell’Hofburg, riapprofitto della Fiera Gastronomica per un altro Frankfurter mit Senf e me ne torno di nuovo in albergo. Venerdì 3 Agosto avrebbe dovuto essere una giornata campale nei miei piani, avevo difatti programmato in mattinata la visita al Museo del Tabacco, poi la visita all’Hofburg, l’assaggio della Sacher Torte Originale all’Hotel Sacher, la caccia ai Landtabak, Normale e Spezial, il Palazzo del Belvedere ed infine il mitico Prater. Mai nella mia carriera di viaggiatore avevo programmato quello che si sarebbe rilevato un flop così totale. Andiamo con ordine. Ore 9, esco dall’albergo per andare al Museo del Tabacco, secondo il libercolo che mi fa da guida, apre alle 10, quindi prendo la solita U6, alla Westbahnhof cambio con la U3 e scendo alla fermata Volkstheater per attraversare a piedi un altro pezzo di Ring ed infine quando mancano 20 minuti alle 10 arrivo davanti al numero 2 di Maria Hilfer Strasse, dove ha sede il Tabak Museum, in un ingresso laterale del Museumquartier. Il Museumquartier è un enorme edificio con grandi cortili interni dove sono stati sistemati tanti piccoli Musei secondari, una serie di ristoranti, bar e negozi, appunto un piccolo Quartiere Museale. Proseguo di qualche decina di metri verso un bar dove mi siedo al tavolo per prendermi un bel cappuccino con cornetto alla marmellata con simpatica signora che mi presenta il conto in italiano. Passate le 10 torno indietro, entro nel cortile interno e cerco l’ingresso del Tabak Museum, cerco e ricerco e non trovo nulla, alla fine mi decido ad andare alla biglietteria generale e chiedo dove devo andare per dove devo andare, la signorina con aria ghignante mi informa che il Tabak Museum “It’s finished, denitively closed”. Quindi dopo avere mancato la Galerie de la Seita di Parigi ho mancato anche il Tabak Museum di Vienna. Mogio e sconsolato mi dirigo verso l’Hofburg che si trova a meno di 800 metri e mi metto in coda alla biglietteria dei Kaiserappartements, anche qui vengo dotato di una macchinetta che parla in italiano e mi avventuro nella visita della Residenza Invernale del Kaiser e di Sisi. Dapprima si passa nella Silberkamer, una serie di stanze che custodiscono ogni sorta di stoviglieria in argento, poiché sembra che alla corte Asburgica si pranzasse solamente in piatti d’argento, poi una serie di stanze ricolme di ceramiche da tavola, alcune talmente inutili che non sono mai state usate perché, udite udite, “troppo fragili per un uso normale”, poi si passa in una serie di ambienti scuri e tetri dedicati a Sisi, mentre la macchinetta declama tutti i motivi per i quali la visione che il mondo ha di lei è sbagliata, fa la descrizione di una povera pazza che si inventava cosmetici, che passava 3 ore al giorno a farsi lisciare i capelli, che beveva spremute di carne cruda e che essendo alta un metro e 72 pesava solamente 45 chili ed infine dopo essere passati in una stanza che contiene una copia del vestito che indossava quando venne uccisa a Ginevra da un anarchico italiano, si passa a vedere gli appartamenti del Kaiser, cupi e tristi proprio come quelli dello Schönbrunn e dove la cosa più interessante, a sentire la guida nell’orecchio, è la tazza del cesso che Sisi si fece costruire appositamente e che “potete osservare nello stanzino alla vostra destra ricavato nel corridoio”. Uscire dall’Hofbrug è liberatorio e neppure la pioggerella sottilissima che cade impercettibilmente mi dispiace. Mi siedo 10 minuti nella Minorite Platze a esattamente 5 metri dall’ingresso del Palazzo del Presidente della Repubblica Austriaca, sotto lo sguardo torvo delle due guardie all’ingresso e sconsolato mi dirigo nuovamente verso il Rathaus che dall’altra parte della strada, lo supero e mi infilo nella Metropolitana, scendo a Stephanplatz e vado dritto dall’Hotel Sacher, aspetto che la signorina mi trovi un tavolino mi siedo ed ordino una fetta di Sacher abbinata ad una cioccolata con panna descritta come Originale Sacher. Beh … se quest aè la ricetta originale io preferisco quello faslificata. La fetta di torta è minuscola, accompagnata da uno sbuffo di panna, sembra come consistenza e sapore una merendina, la cioccalata invece sembra niente altro che un latte al cacao, deluso pago ed abbandono il luogo. Almeno il tabacco ! Sbagliato ! batto diversi tabaccai che non hanno l’articolo, anzi non hanno proprio tabacchi da pipa, alla fine nell’Opernringpassage, un sottopassaggio sotterraneo che collega il Ring alla Karls Platz ed abitato da strani personaggi, trovo un tabacchino che ha qualche busta di Spezial. Delusissimo scendo rapido nella metro e vado in albergo prima di ripartire per svolgere il programma pomeridiano che spero migliore ma che così non sarà. Il programma pomeridiano prevede una visita alla Sudbahnhof dove controllare gli orari dei treni per Bratislava, una visita al Palazzo del Belvedere che si trova proprio accannto alla Stazione ed infine la visita la Prater. Con la solita U6 raggiungo la Westbahnhof e qui prendo il tram numero 18, che usa le stesse carrozze delle metro politana (e un motivo c’è e lo scoprirò presto !). Il trama, a due carrozze non comunicanti, percorre tutto lo Josefstadt ed una parte di periferia Nord, supera Margaretengurtel ed poi sparisce sottoterra ! Esatto, il tram si infila in un tunnel dove corrono altri tram, improvvisamente la linea di superficie si trasforma in sotterranea, con stazioni vre e proprie. Vi lascio immaginare cosa può accadere a percorrere chilometri sottoterra con un tram con tutti i finistrini aperti. Una fermata prima della Sudbahnhof torna alla luce del Sole. Un viaggio allucinante. Davanti alla Sudbahnhoff mi rendo conto dal vivo di cosa vuol dire “oltre cortina”. Chi ha la mia età ha fatto in tempo a vivere la divisione dell’Europa in Est e Ovest, per noi allora Vienna era una sorta di porta su un altro mondo, con la sua posizione così a Oriente era l’ultimo avamposto del mondo occidentale, oltre Vienna c’era la “cortina”, l’Est, i paesi satelliti del Mostro Sovietico e tutti noi avevano un’idea dell’Est che ci veniva tramandata dai film, strade larghe, tram, palazzi grigi, Stazione Ferroviarie dimesse. Perfetto, l’area della Sudbahnhof è esattamente così, la Stazione sembra un hangar riadattato su una grande strada di scorrimento circondata da tetri palazzi grigiastri. Im stazione verifica che dalle 6 del mattino alle 23 ci sono treni regolari e cadenzati per Bratislava, che dista appena 60 chilometri, quindi attraverso la strada e vado al Palazzo del Belvedere, Residenza del Prinz Eugene che però è chiuso e dunque devo accontentarmi di visitare i giardini, in rifacimento e quindi in gran parte inagibili. Nuovamente deluso ritorno alla Stazione ed attendo il tram numero 0 per il Praterstern. Arriva e questo almeno fa tutto il viaggio in superficie fino al Donaukanal, il piccolo Canale ricavato usando le acque del Danudio e subito dopo ferma in una piazza, appunto la Praterstern. Sembra l’ultimo avamposto della civilta. Una grande piazza ricoperta delle rotaie dei tram, una Stazione sopraelevata, uno svincolo autostradale che occorre attraversare per entrare nel vero e proprio Prater. Appena dentro il Prater capisco che sarà un altro flop, in pratica il tutto consiste in un enorme e lunghissimo viale alberato con ad un lato una mezzaspecie di Luna Park che mi ricorda fa comprendere appieno e per la prima volta visivamente l’espressione usata da Ungaretti nella sua poesia, “In Memoria”, quando parla di “sobborgo che pare sempre in una giornata di una decomposta fiera”. La famosa Riesenrad, la Ruota Panoramica, a vederla da sotto sembra un giocattolone fuori moda. Mestamente torno indietro ma invece di prendere il tram mi infilo direttamente nella fermata della Metro U1 che poi cambio con la U2 per ritrovarmi nuovamente alle spalle del Rathaus, decido di tentare la sorte in qualche locale dei dintorni ed arrivato davanti alla Votivkirche vengo attirato da un’insegna verde che conduce ad una specie di ritrovo mezzo sottoterra, leggo il menù appeso fuori e decido di provare, anche perché tra una cosa e l’altra si sono fatte le 23 e difficilmnte troverei qualcos’altro da mangiare in una città dove ogni tipo di esercizio commerciale serra le imposte alle 18. La signora, del tutto teuotonica, mi inquadra subito e mi porta un menù con la traduzione in italiano e quindi seduto ad un tavolo di legno con alle spalle una finestra che da sul marciapiede, nel senso che la finestra che nel locale è ad un metro da terra da fuori risulta al livello del marciapiede, ordino un Zuppa Viennese con patate, funghi e speck, una porzione di gulasch ed una fetta di Strudel ed anche se non amo la birra trovando criminale innaffiare un tipico desco austriaco con della Coca Cola ordino anche una Universitat Brau. Alla fine questa cena è stata sicuramente la cosa migliore della giornata ed azzardo del viaggio, quando esco dal locale la mezzanotte e mezza è già passata, le strade sono deserte, per un attimo credo di avere un’allucinazione, non riesco più a vedere le guglie illuminate della Votivkirche dall’altra parte della piazza, poi i miei occhi si abituano alla luce notturna e ne distinguo la sagoma contro il cielo violaceo: hanno semplicemente spento l’illuminazione. Tiro fuori dalla tasca la Castello, la carico a Bergerac ed imbocco la Alser Strasse per tornare in albergo e mentre cammino, con tutta la lentezza di cui sono capace, assisto ad una strana processione di carrozzelle a due cavalli che si dirigono verso la periferia, evidente vanno a rimessa alla fine della giornata lavorativa. A metà strada, all’incrocio tra la Alser Strasse e la Feldgasse un chiosco dove si spacciano panini con salsiccie è ancora aperto ed illuminato, numerosi wurstel rosolano sulla griglia e alcuni operai stanno pasteggiando a birra e salsiccie. Ogni tanto mi fermo ad osservare i tram notturni che sferragliano o qualche vetrina curiosa. Poco prima di arrivare in albergo, sulla Hernalser Gurtel le luci di un locale equivoco illuminano la strada, sulla soglia, a dispetto della teperatura decisamente rigida, una ragazza seminuda (e quando dico seminuda sto parlando per eccesso) ammicca a tutti i passanti cercando di attirarli dentro. Infine guadagno la Geblergasse e vedo le luci dell’albergo, mancano 15 minuti alle 2. Sabato 4 Agosto Visita a Bratislava - vai alla visita a Bratislava Alla fine quel che mi resterà di questa visita ai confini dell’Europa Occidentale e del momentaneo sconfinamento oltre Cortina sarà la Stazione U6 di Alser Strasse, la stessa Alser Strasse, qualche paesaggio notturno di Vienna, la sagoma della Votivkirche e del Rathaus con la sua allegra fiera gastronomica, qualche scorcio sconosciuto ed una vetrina di un negozio di intimo per signora lungo la solita Alser Strasse, le acrobazie aeree dei piloti della Niki ed i 16 euro che le macchinette dell’Aeroporto mi hanno fregato. E già, perché quando sono arrivato ho anche provato ad usare la carta di credito per sopperire all’assenza di banconote, ma la macchinetta mi diceva che non era valida e mi riportava alla pagina iniziale, però stamattina nell’estratto conto mi sono trovato addebitato 16 euro per i biglietti del CAT che la macchinetta si è rifiutata di darmi. Ma la cosa più bella sono sicuramente stati i panorami di Roma durante l'avvicinamento a Fiumicino, l'attraversamento volante della Città, la vista aerea di Ostia Antica. |